sabato 7 maggio 2011

Racconti gay: Altro che bromuro!

Circa 15 anni fa lo Stato mi ha chiesto di dedicargli un intero anno della mia vita.
Non avendo santi in paradiso né soldi per ungere qualche ‘ruota’ affinché esso si dimenticasse per sempre di me, mi è toccato davvero stare per 12 mesi assieme a oltre 800 ragazzi della mia età, contando i giorni che mi separavano dall’ultima Alba, quella con la “A” maiuscola, quella definitiva, al sorgere della quale sarei tornato a casa per sempre.
Essendo stato sbattuto al confine nordorientale della nostra cara Italia, dove le guardie notturne si facevano a -20 gradi e con una buona scorta di “cordialini” per scaldarsi almeno lo stomaco, avevo pensato a lungo a come si poteva trascorrere il tempo in qualche maniera piacevole, affinché passasse più rapidamente, ma al di là di qualche sega di gruppo su giornaletti porno che lasciavamo nel corpo di guardia e che erano oramai con quasi tutte le pagine appiccicate per le tante seghe altrui non ero mai andato.

Fino a che una notte in cui forse avevo bevuto qualche ‘Cordiale’ di troppo non costrinsi Marcello, un ‘rospo’ arrivato da pochi giorni, con la pelle bianchissima e liscissima, che tutti noi ‘anziani’ chiamavamo ‘Marcella’ a causa dei tratti somatici prettamente femminili (non aveva un filo di barba, aveva la vita stretta e i fianchi che si allargavano proprio come quelli di una donna, al punto che visto da dietro potevi davvero scambiarlo per una splendida figa!) a masturbarmi lentamente con le sue mani delicate (Marcello suonava il pianoforte da quando aveva 4 anni!), minacciandolo di vendette terrificanti da parte dei nonni se si fosse rifiutato.

Con mio sommo piacere e nonostante fosse per me la prima esperienza di questo genere, Marcello non sembrò particolarmente gravato da questo compito, anzi da come me lo tirò fuori dai calzoni della mimetica, da come sgranò gli occhi trovandoselo già duro e gocciolante di voglia davanti agli occhi, dal modo con cui mise la mano sinistra sotto le mie palle e dalla maestria con cui me lo menava con la destra, capii che….Marcella doveva essere davvero in gamba!
Mi sorrideva come un puttanella mentre mi sentiva gemere dal piacere che mi provocava e lo vidi gioire davvero mentre mi faceva sborrare fuori dall’uccello alcuni schizzi caldi e densi di liquido che fumava al gelo della temperatura esterna!
Dopo quella prima esperienza, dopo quella sega “da artista” capii che oramai potevo smetterla di menarmelo da solo e che Marcella poteva essere totalmente mia fino alla fine dell’anno; volevo che diventasse la mia troia di naja!
E mi sembrava che da parte sua ci fosse lo stesso desiderio, almeno questo era quanto leggevo nei suoi occhi efebici e nei suoi fianchi sinuosi quando lo spiavo sotto la doccia.
A conti fatti, me lo scopai quasi tutti i giorni per oltre 6 mesi; i momenti migliori erano le guardie notturne, quando si andava fuori in due e ci si imboscava nei punti meno conosciuti dell’enorme perimetro della caserma.
Accadeva che si arrivava dietro un carro armato e io, di norma già in tiro per l’eccitazione, lo prendevo per la giacca della divisa, lo costringevo a inginocchiarsi, aprivo mugolando la patta e glielo sparavo in bocca già duro e pulsante, invitandolo con un:”Pompa, troia!” che non ammetteva repliche; Marcella fingeva di fare la ritrosa, ma in realtà sono convinto che godeva almeno quanto me nel sentire tra le labbra quel pezzo di carne turgida pronto a scaricare il suo contenuto lattiginoso nella sua gola.

Mi lappava con cura quasi maniacale, tanto che nei primi tempi dopo il congedo davvero faticai a trovare una donna capace di fare pompe così perfette come Marcella; dopo qualche minuto, quando sentiva che rapidi brividi mi facevano vibrare il basso ventre, mi titillava il buco del culo per farmi stringere le chiappe e velocizzava i movimenti della testa, delle labbra, della lingua…fino a sentire l’onda lunga della mia sborra calda riempirgli la bocca.
Mentre ero ancora con la testa all’indietro, godendomi gli ultimi istanti dell’orgasmo, lui dava gli ultimi colpi di lingua alla mia cappella, si leccava ingordamente le labbra e dava un voto alla sborrata: ne giudicava la quantità, la densità, il sapore…
Quella cosa lì mi ha sempre fatto impazzire: una troietta insaziabile!
Arrivava perfino a darmi consigli su cosa mangiare o bere per rendere il mio sperma più o meno denso la volta successiva!

Impiegavamo circa 40 minuti per percorrere l’intero perimetro della recinzione e quando si tornava all’altezza del vecchio carro armato abbandonato…beh, di solito si ripeteva la stessa scena, solo che stavolta Marcella sapeva di dovermi dare il culo; amavo particolarmente quel suo culetto bianco e liscio, stretto all’ingresso ma molto capiente e vorace, avido di sborra e di sonore sculacciate…
Fingeva di tirarsi indietro con frasi stupide tipo:”Dai, oggi non ne ho voglia” oppure:”Ho problemi di emorroidi, oggi, lasciamo perdere!”, ben sapendo che più faceva così e più rapidamente mi si drizzava l’asta per il secondo round; dovevo abbassargli i pantaloni, insultarlo con oscenità di ogni tipo, farlo piegare a 90 gradi e cominciare a puntare la cappella sul suo sfintere caldo fino a che, rabbonito e infoiato a sua volta, non si apriva docilmente le chiappe con le mani e mi sussurrava:”Sfonda la tua vacca!”, spingendomi con naturalezza a infilargli il cazzo nel retto senza tanti complimenti e a pompare con violenza i suoi fianchi femminili fino alla nuova esplosione orgasmica da lì a pochi minuti!
Mentre si faceva fare il culo come una cagna in calore, vedevo che se lo menava rapidamente e spesso sborrava anche lui nell’attimo stesso in cui gli venivo nei visceri anch’io!
Una volta, dopo un paio di mesi che ci soddisfavamo a vicenda in questo modo, per rendere meno dura la naja e i rispettivi uccelli altrimenti troppo spesso in tiro, mi fece la sorpresa di farsi trovare in perizoma e autoreggenti, sotto la mimetica; fu la volta in cui davvero fui fiero della mia Marcella e la ricompensai con ben 3 sborrate nel culo.
Come sorrideva felice, la troia, al notare il mio turgore osceno che non si acquietava neppure eiaculando!
Decisi che meritava un regalo quel giorno e per la prima volta mi cimentai anch’io in una masturbazione che parve gradire oltremodo!
Con la destra glielo menavo piano, mentre due dita della mano sinistra avevano preso posto nel suo accogliente e mai sazio buco posteriore!
Sentii che stava per venire e diressi gli schizzi verso terra, continuando con lenti movimenti del polso finché non lo vidi ritrarsi infastidito dal solletico del periodo ‘refrattario’.
Come mi sorrideva grata, la puttanella!

Non posso nascondere che mi risultò molto difficile riabituarmi alla vita ‘civile’, una volta fuori da lì; ho cercato Marcella diverse volte nei mesi successivi al congedo e ogni volta lasciavo il suo culetto con un senso di vuoto non soltanto nelle palle, ma anche nella testa.
Per non parlare di tutte le volte in cui, nei mesi successivi al distacco, la mia mano destra andava cercando a tastoni un uccello tra le gambe delle femmine che avevo appena sodomizzato, trovando però sempre e solo un buco nero!