giovedì 7 luglio 2011

Racconti gay: Il cugino scapestrato

Faceva caldo quell’estate. Nella grande pianura quando arrivavano l’estate e l’ondata di caldo che non andava più via fino al primo temporale d’agosto, si creava una atmosfera “messicana” di languore e di predisposizione alla siesta. L’anno prima ero stato ospitato per un breve periodo presso il casolare di campagna dove vivevano mia zia Grazia che era vedova, la nonna e mio cugino Gianni. Avevo quasi quindici anni e lì, nel casolare della famiglia di mia madre, ero diventato un vero uomo proprio grazie a mia zia.
Fu quindi pensare alla mia esperienza dell’anno prima, che mi aveva spinto a ripercorrere i sei chilometri in piena campagna sotto il sole, con l’obiettivo di giungere giusto dopo il pranzo, ma prima della siesta e quindi sperare di condividere ancora una volta con la zia, il suo letto per un paio d’ore.
Dovevo aver fatto male i calcoli però, perché quando giunsi nel cortile del casolare, mi si presentò inequivocabile il panorama delle finestre chiuse, sia al piano terra che al primo piano, che avevo imparato essere l’indicatore che la siesta era già in atto. Un po’ deluso andai a posare nel ripostiglio degli attrezzi la mia bicicletta e stavo pensando a come trascorrere le due ore che avevo immaginato ben diverse, quando vidi aprirsi un battente della finestra della camera di mio cugino Gianni. Mi appostai all’angolo della casa e mi misi a sbirciare. Gianni scavalcò la balaustra, si afferrò ad una sbarra dove alloggiava la puleggia che consentiva di caricare il fieno nel soppalco del fienile, si diede lo slancio ed atterrò sul soppalco. Quindi scese e, dopo essersi guardato con fare circospetto si avviò verso il campo coltivato a granoturco.


Mio cugino era considerato in tutta la famiglia allargata uno scapestrato. In realtà era un bravo ragazzo, solo non aveva voglia di studiare e voleva divertirsi anziché sgobbare sui libri. Anche quell’anno era stato rimandato con un numero di materie spropositato da riparare a settembre e potevo ben immaginare cosa succedeva quotidianamente in casa di mia nonna. Io e mio cugino avevamo uno strano rapporto. Almeno io verso di lui. Era l’unico maschio grande della mia famiglia cui potevo per certi versi rapportarmi come modello. Ma esisteva anche uno spirito di competizione un po’ maschile perché lui mi prendeva in giro in quanto secchione, quindi, secondo le sue strane “regole”, femminuccia (solo le femmine se ne stanno in casa a studiare o peggio a leggere), io mi incazzavo per questo ma ammiravo in lui la sfrontatezza del “macho” che affrontava avventure o aveva esperienze che io non potevo neanche lontanamente immaginare. Erano memorabili nella nostra famiglia, i racconti sulle fughe che aveva intentato per scappare dalle sgrinfie di mia zia, ed andare a giocare a carte e a fumare al bar del paese!

Fu quindi con il desiderio di vedere come si stava svolgendo una delle sue fughe, che mi misi a seguirlo cercando di non farmi vedere. Gianni andava spedito verso il campo di granoturco, io cercavo sempre di tenermi nascosto dietro o un carro o un cespuglio o un mucchio di sacchi. Alcune volte Gianni si guardò in giro circospetto e forse un paio di volte corsi il rischio che mi vedesse, ma riuscii sempre a raggiungere un nascondiglio o almeno così volevo credere. Poi si infilò dentro un filare di granoturco e io, quando giunsi al limitare del campo, imboccai un altro filare a questo vicino perché non volevo che girandosi mi scorgesse e non mi portasse più dove stava andando.
Avanzai guardingo fino a che non giunsi a metà del filare e mi fermai perché mi sembrava di non sentire più il rumore dello stormire delle gambe di granoturco scosse dal passaggio di Gianni. Feci ancora qualche passo scrutando in avanti, ma non mi sembrava più di scorgere la sua maglietta in lontananza. Avvertii poi come una folata di vento che arrivava alle mie spalle e, prima che riuscissi a girarmi, Gianni era piombato su di me e mi aveva buttato a terra cingendomi le braccia intorno alle spalle in modo da bloccare ogni mio movimento. Fu lo spavento e poi il sollievo per scoprire che il mio assalitore era mio cugino, ma dopo essermi irrigidito tutto, lasciai che il sollievo e, stranamente il piacere, di essere dominato da una persona conosciuta si impadronissero di me. Avevo tutti i sensi all’ennesima potenza per la tensione dell’inseguimento e avvertii l’odore, non disdicevole, di Gianni, un misto di sudore e di banane, di albicocche e di tabacco. “Cosa fai qui Ettore? Eh volevi spiarmi?” “Dai, lasciami andare. Volevo solo vedere dove andavi.” Intanto mi strattonavo cercando di liberarmi della stretta ma mio cugino si avvinghiava sempre più strettamente a me. “Bravo. Così poi lo vai a dire alla tua cara zietta. Lo so che le vuoi tanto bene e le racconti tutto . . .” Per un attimo mi sentii venir meno. Pensai subito che in qualche modo Gianni fosse venuto a sapere cosa c’era stato con mia zia Grazia l’anno prima, ma poi scartai decisamente l’idea e ritenni invece che la sua fosse più che altro gelosia perché venivo sempre considerato il ragazzo “buono” da coccolare.


“Non è vero! Prometto che non dirò niente a mia zia! Ma cosa volevi fare?” Cercai, mentre le mie parole uscivano dalle labbra, di fare pressione per districarmi dalla sua presa.“Lascia stare cosa voglio fare io, sei bravo a sviare il discorso! Ora tu sei qui e ho solo due possibilità: o ti porto con me e rischio che tu faccia la spia, o ti lego e ti tengo da qualche parte fino a che non ho finito. Cosa vuoi che faccia”. Dicendo così mi strinse ancora più forte le spalle e con una gamba improvvisò una presa di judo avvinghiante. Ora il suo corpo aderiva completamente al mio, il suo bacino vicino al mio culo, avvertivo anche una strana protuberanza e sentivo il suo volto ansimarmi le sue domande di fianco all’orecchio. “Dai Gianni fammi venire con te. Ti giuro che non dirò niente a nessuno!” “Lo giuri veramente? Che neanche al prete in confessionale lo dirai quello che faremo?” “Sì lo giuro! Lo giuro solennemente!” Stringendomi forte le spalle mi sussurrò con forza “Va bene. Ma sappi che se solo una sillaba di quanto faremo oggi, ti uscirà dalle labbra, ti verrò a cercare dovunque ti sarai nascosto e ti garantisco che nessuno potrà impedirmi di fartela pagare molto cara!” Dal tono non avevo alcun motivo per dubitare che Gianni avrebbe messo in pratico quanto aveva promesso. “Non temere sarò una tomba. E poi te l’ho giurato!” “Dai andiamo!” Così dicendo si rialzò lasciandomi libero, si scosse via dalle gambe, dai calzoni corti e dalla maglietta un po’ di polvere, aspettò che io facessi altrettanto e poi mi guidò fuori dalle corsie di granoturco.


Raccolse un vecchio lenzuolo piegato e si diresse verso il fossato in fondo al campo di granoturco. “Certo che se vuoi seguire qualcuno devi stare più attento a non farti vedere. Potevi anche metterti a suonare la tromba che non c’era differenza” “Davvero?” Il fatto di essere stato accettato con il “grande” Gianni mi aveva reso meno pedante e rompicoglioni ed ero disposto a tutto pur di continuare questa avventura da grande. L’avventura che mi si presentò, si rivelò essere solo il fatto di sfuggire al controllo di zia, e di restare un paio d’ore provando anche a fumare delle sigarette caserecce fatte con le barbe del granoturco. Erano pestilenziali e, credo, altamente tossiche, ma corrispondevano pienamente al mito della trasgressione “maschia”, cioè dei maschi che non temevano di fumare qualsiasi cosa (anche perché spesso nelle campagne più povere, non c’era veramente niente di adatto per fumare).

Poi era bello il senso di complicità che avvertivo, stare seduti sul lenzuolo disteso sul fondo del profondo fossato, circondati dalla vegetazione bassa tipica della zona e da alte robinie spinose. Il tutto dava un leggero senso di fresco e di umido che proteggeva dal calore bestiale dell’estate nella grande pianura. A un certo punto Gianni cominciò a togliersi la maglietta dicendo “Beh visto che siamo tra uomini, e che se tu non ci fossi stato mi sarei spogliato, io mi metto a mio agio”, si slacciò i pantaloni e tolse pure le mutande. Rimasi di sasso a guardarlo: un ragazzone grande un metro e ottanta circa di statura, le spalle larghe e robuste, ma una struttura comunque longilinea. Non era molto peloso, ma una piccola striscia di peluria partiva appena sotto l’ombelico ed andava poi ad allargarsi in un folto cespuglio di peli ricci e castani che sovrastava un cazzo ancora moscio ma slanciato e ricurvo in cima, con la punta che volgeva verso il basso. Il mio sguardo era inchiodato a guardargli l’uccello e Gianni evidentemente se ne accorse.
“Non hai mai visto un uomo nudo? Cosa aspetti a spogliarti anche tu o vuoi sudare? Ti prometto che non li misuriamo!” Già aveva proprio colto il problema, o meglio solo una parte del problema, perché da un lato temevo il confronto sulle dimensioni, ma dall’altro avevo paura che il principio di erezione svelasse quanto la cosa mi turbasse. Ma ero nel mondo degli uomini e non volevo esserne scacciato con l’accusa infamante di essere una femminuccia. Mi spogliai volgendo le spalle a Gianni, con la scusa di riporre poi gli indumenti a lato su un angolo del lenzuolone e mi sedetti velocemente in modo da non fare palesare niente di imbarazzante. Non ho evidentemente finito la fase di sviluppo e sono alto quasi un metro e settantacinque, non si può dire che sono grasso ma ho una struttura robusta e, purtroppo quel po’ di ciccia che ho è andata a irrobustire le mie tettine, o per lo meno questo è quello che io percepisco del mio corpo.


Rimanemmo un po’ distesi continuando a parlare delle partite a carte che Gianni faceva al bar, dei personaggi di paese che affollano l’osteria e che a me sembravano affascinanti nel racconto di mio cugino. Poi Gianni ritorna a parlare di noi. “Ma ti vergogni che te ne stai tutto lì accovacciato quasi avessi paura di farti vedere. Proprio tu che studi le abitudini degli antichi greci . . “ “E cosa centrano gli antichi greci?” “Beh avevano l’abitudine di trovarsi in comunità maschili, chiamate per lo più ginnasi, dove potevano starsene liberamente senza donne tra le palle, e nudi discorrevano di politica, scienze e filosofia, e i più anziani insegnavano ai più giovani a godere anche con il culo. . .” “Ma erano recchioni?” “No! Lo facevano perché ritenevano che uno non fosse uomo completamente se non sapesse godere davanti e di dietro. Uno è recchione se vuole godere solo di dietro. Ma imparare a godere con tutto il corpo è un arricchimento. Non mi dire che tu e i tuoi amichetti non vi siete mai toccati?” “No mai!” risposi troppo velocemente arrossendo leggermente per l’imbarazzo che la domanda mi aveva procurato. Gianni mi guardò e sorridendo disse “Ho capito. Non vuoi dirlo” “Non è che non voglio dirlo è che non è mai accaduto!” Anche questa volta ero stato troppo veloce nel rispondere e capivo anch’io di non essere convincente. Ma come si fa a dire apertamente al mondo intero “Sì io e il mio amico Fausto ci troviamo e ci tiriamo dei segoni grandiosi a vicenda”. Non è facile e difatti cerco di non pensare molto a questa cosa. Però anche se imbarazzante il discorso mi intrigava non poco e volevo approfondirlo.


Prima che pronunciassi la domanda che affiorava le mie labbra, Gianni si avvicina e con mossa decisa porta il suo dito medio, dopo averlo inumidito di saliva, proprio contro il mio buco e prova a forzarlo. “Uh sei ancora vergine didietro! Vediamo davanti” Così dicendo la sua mano avvolse il mio uccello come dovesse fargli una sega e gli tirò giù tutta la pelle “Davanti invece non sei più vergine cuginetto!”. Detto questo si sedette di nuovo al suo posto. Ero un po’ sconvolto, il tentativo di penetrazione mi aveva lasciato sia un po’ timoroso ma anche con il buchino affetto da uno strano prurito, ma soprattutto non mi era affatto dispiaciuto che avesse preso in mano il mio cazzo. Cercai di riportare il discorso su temi che mi piacevano di più e di allontanarli dalla mia persona “Ma precisamente cosa vuol dire godere con il culo?” “Beh il nostro culo è un ricettacolo di terminazioni nervose che se opportunamente sollecitate procurano piacere; inoltre è dal culo che riesci a toccare la prostata e questo stimola il tuo cazzo.” “Ma tutti dicono che essere inculati è doloroso e fa male!” “Beh le prime volte c’è sicuramente anche il dolore, ma ti assicuro che il piacere supera di gran lunga il dolore. Difatti è per questo che i greci usavano i ginnasi per iniziare i più giovani ai piaceri completi della carne.E’ molto meglio così se ci pensi bene, piuttosto che ritrovarti in una camerata militare, senza che nessuno abbia preparato il tuo buchino, e con i nonni che cercano qualche recluta con cui sfogare la mancanza di donne!” “Beh questo è vero. Ma tu sei vergine nel culo?” Appena fatta la domanda mi pentii perché stavamo prendendo una china pericolosa che una volta imboccata andava percorsa fino in fondo. Io non ero sicuro di volerlo. O meglio desideravo provare, ma non sapevo ancora se sarei riuscito ad accettare quello che avrei scoperto in fondo alla strada. Per quello continuavo a tergiversare parlando di greci e cercando con la mente di trasferire quello che mi diceva Gianni in opportunità per i miei giochi assieme a Fausto.


“Certo che no! Ho avuto la fortuna di avere un amico più esperto che mi ha preparato per bene. Vuoi sentire?” Senza aspettare la risposta si avvicinò, si sedette vicino a me mi prese letteralmente il dito medio, lo portò alla bocca dove lo inumidì molto copiosamente, quindi si allargò il solco con una mano e con l’altra spinse il mio dito a puntare il suo buco. Gli fece fare alcuni piccoli movimenti circolari fino a distendere le crespe della pelle, lo rimise in bocca (chissà che sapore avrà pensai) e poi lo spinse deciso dentro il culo.

La prima falange fu accolta in un piccolo antro umido e stretto ma che dava comunque un senso di accoglienza. “Senti il tuo invece” Così dicendo tolse il mio dito dal suo culo, lo portò di nuovo in bocca a inumidirsi e quindi lo puntò questa volta sul mio buchino, dopo aver allargato il solco tra le chiappe con l’altra sua mano. Avvertii come una barriera insormontabile, e anche la mia prima reazione fu quella di stringere i muscoli a bloccare l’intrusione. “Vedi come sono diversi! Pensa se un cazzo ti volesse inculare e tu non fossi preparato come lo sono io. Allora sì che ti farebbe veramente male. Invece abituandolo lentamente ad allargarsi e a restringersi vedrai che primo non ti farà male e secondo imparerai a godere anche dal culo e non solo dal cazzo!”. Mentre diceva queste parole Gianni le aveva accompagnato continuando il movimento rotatorio del mio dito sull’orlo dell’orifizio, aveva preso l’altra mia mano a tenere allargate le chiappe e aveva appoggiato il suo braccio libero sulla mia spalla. Guardandomi negli occhi disse allora con tono dolce “Hai voglia di provare Ettore?”. “Non so Gianni ho paura. . .” “Ma però vuoi anche provare . . .” insinuò soavemente il mio serpente tentatore. Non osai rispondere anche perché il massaggio che mi stava imponendo cominciava a scatenare in me sensazioni mai provate. “Il segreto vedi è di imparare a dominare le tue contrazioni. . . “
Dava per scontato che io avessi detto di sì e proseguiva con la lezione, questa volta sostituì il mio dito con il suo, che nel frattempo aveva abbondantemente umettato. “Appena io spingo tu avrai una reazione, devi accettarla, lo sai ma puoi controllarla e lascia che io faccia un passo dentro di te.” Le parole furono seguite dall’azione e mi ritrovai con una falange del suo dito infilata nello sfintere. Ebbi quasi un giramento di testa, chiusi gli occhi e abbandonai la testa all’indietro. Tutte le terminazioni nervose erano all’erta e trasmettevano piacevoli segnali alla centralina nel cervello che sembrava impazzire e non governare più nulla. Ma al tempo stesso, con i sensi alla massima allerta, cercavo di assecondare i movimenti del dito come mi diceva Gianni.
“Bene bravo così. Adesso aspetta che lo lubrifico ancora un po’” Inaspettatamente tolse il dito e sentii i tessuti ricomporsi nella dimensione abituale, ma al tempo stesso avvertii un vuoto di cui non ero prima conscio e ancora quello strano prurito proprio lì che voleva essere placato da un languido massaggio. Il dito di Gianni fu accolto dai miei muscoli come un sollievo e lui poté ripartire dal punto dove eravamo rimasti. “Vedi che fa meno male di quello che pensi. Poi tu sei un bravo alunno.

Ecco, adesso prova a spingere un po’ come se volessi cagare e poi cerca di fare tuo il dito.” Seguii i suoi consigli e mi ritrovai con il dito completamente dentro. Non ci credevo, diedi immediatamente il corso ad alcune contrazioni involontarie, quasi lo volessi scacciare, ma poi mi calmai e riuscii a far attenuare il dolore che le scosse mi avevano procurato. “Bravo così. Ha fatto un po’ male ma passa vero?” Biascicai un “Sì” che si udì appena. “Il più è fatto. Devi solo abituarti alla presenza che è in te e conoscere quella parte del tuo corpo” Quasi a sottolineare il significato di quello che mi diceva, la punta del dito cominciò a percorrere lentamente ogni centimetro quadrato delle mie viscere, trasmettendo al cervello la mappa del mio culo come mai lo avevo percepito. Le contrazioni per espellere il dito si erano calmate e di questo Gianni approfittò per allargare da dentro lo sfintere con movimenti circolari. Avevo cominciato anche un po’ a prevedere e desiderare questi movimenti. Si fermò “Prova a stringerlo e a rilasciarlo” Lo feci e avvertii con stupore e anche sorpresa che forse quel piccolo dito non mi bastava, che volevo qualcosa di più. “Ancora. Ancora” Obbedii godendo di sentire con i tessuti dell’intestino la conformazione del dito di Gianni, le sue falangi, la curva dell’unghia. Poi . . il vuoto! Con un colpo repentino tolse il dito e lo puntò nuovamente all’ingresso dell’orifizio. A sorpresa, per me, istintivamente mi mossi a riprendermi l’ospite che aveva riempito fino a quel momento in modo piacevole il mio anfratto.

Mi abbandonai completamente con la schiena a terra e le gambe allargate e i piedi vicino al culo quasi fossi in posizione ginecologica perché l’ospite che mi stava trastullando in maniera insinuante, forse complice il caldo e l’umidità della grande pianura d’estate, mi stava lentamente illanguidendo. Immaginai più che vedere mio cugino che avvicinava il suo viso al mio buchino e lo irrorava con saliva mentre il suo dito smetteva il movimento circolare e provava a fare un po’ di dentro e fuori. Mi irrigidii un attimo quando sentii all’imbocco del condotto due ospiti, ma anche questa volta la voce serena ma più arrochita di Gianni mi fece calmare, mentre le dita distesero tutta la pelle che circonda il perineo con lunghi e pazienti movimenti circolari. Ad ogni giro la pressione delle dita per entrare si faceva più forte fino a che trionfanti si impossessarono del mio sfintere allargandolo sistematicamente ad ogni giro. Sentivo la muscolatura a protezione delle mie intimità più profonde cedere lentamente e contemporaneamente il languore che aveva cominciato ad invadermi si faceva più struggente e mi spingeva ad essere sempre più arrendevole.
Alcuni movimenti al mio fianco mi fecero aprire gli occhi per vedere cosa stava facendo Gianni. Con l’altra mano aveva impugnato la sua asta e se la stava menando e inumidendo di saliva. Capivo e temevo quello che il gesto voleva significare, così richiusi gli occhi e tornai a godermi la nuova avanzata delle dita fino alla base. Cominciai a mugolare sommessamente perché le ondate di piacere superavano il dolore che il su e giù mi procurava a volte per un movimento brusco o perché le mie contrazioni contrastavano con una spinta delle dita.


Sentii ad un tratto la bocca di Gianni poggiarsi sul mio capezzolino e cominciare a leccarlo con la lingua umida e insinuante. Il braccio libero di mio cugino scivolò fino a che la sua mano libera prese a titillarmi l’altro capezzolo. Ero lì ad occhi chiusi e mi lasciai andare a queste carezze piacevoli. Tutto il mio corpo stava diventando un’orchestra di sensazioni strane e gradevoli. Le tettine che tanto mi avevano infastidito erano anch’esse fonte di godimento, mentre il mio buco veniva ad ogni giro allargato dal lavorio della mano amica.
L’ansimare di Gianni vicino a me mi eccitava ancora di più: stavo dando piacere ad una persona con il mio corpo! Perché era chiaro che Gianni si stava attizzando sempre di più. Con decisione ma al tempo stesso delicatamente, mi fece ruotare su di me fino a mettermi carponi. Tenni gli occhi chiusi perché temevo di bloccarmi se avessi visto quello che intuivo stesse succedendo alle mie spalle. Mi sentivo anche strano con il buco del culo all’aria, tutto inumidito e, dopo molti minuti svuotato degli ospiti che tanto piacevolmente vi avevano albergato. Ma non sarebbe rimasto a lungo vuoto. Sentii la cappella di Gianni umida appoggiarsi al mio buco, Un breve movimento quasi a voler prendere la mira, le sue mani che mi prendono le chiappe e le allargano a favorire la penetrazione e poi . . . “Ah!” L’urlo mi uscì dal cuore e dal cervello e Gianni si fermò nella sua spinta: aveva infilato solo la cappella. Mi sembrava enorme (e lo era sicuramente rispetto alle dita) “Non preoccuparti non spingo fino a che non me lo dici tu. Facciamo come prima. Aspetti un po’ e poi spingi come se volessi cagarmi fuori, e dopo ti rilassi e me lo stringi tutto con il tuo intestino”.


Respirando affannosamente feci come mi diceva e mi ritrovai centimetro dopo centimetro percorso tutto il mio canale dal suo cazzo. Fu una lenta marcia di avvicinamento, che sembrava non dovesse finire mai, ma le folate di libidine che partivano dal culo sovrastavano sempre di più il dolore che lentamente si attenuò. Mi ritrovai così impalato e pieno del cazzo di mio cugino. Lo strinsi con i muscoli delle viscere e ne assaporai con le pareti dell’intestino tutte le nervature e i contorni quasi a volerlo fare tutto mio.
Presi coscienza di essere posseduto completamente da un uomo e la cosa mi sconvolse perché non mi disturbò più di tanto: il piacere di essere “sotto” e di sentirsi riempito sovrastava qualsiasi remora morale. Cominciai a spingere lo sfintere e poi a richiamare il suo uccello dentro di me, incredibile! Appena lui usciva lasciava un vuoto che volevo subito riempire. I movimenti cominciarono a farsi più frenetici e Gianni smise di essere troppo delicato e mi afferrò con le mani entrambi i fianchi per dare alle sue spinte più forza, se mai ce ne fosse bisogno. “Ti sto scopando!” urlò lui, sentii la consistenza del suo uccello farsi di marmo e venni travolto da una sconosciuta libidine, “Sbattimi” urlai allora. Gianni cominciò a pompare come se dovesse vincere le olimpiadi delle inculate: stille di dolore attraversavano il mio cervello sepolte da ondate di piacere sconosciuto e mai provato prima: “Sì, dai, ancora, ancora, daiiiiii” e il mio urlo venne coronato dal suo “Sborrooooooo!” e sentii dentro di me prima una scarica di caldo liquido cremoso, poi un’altra, un’altra ancora e così fino a che Gianni non si svuotò tutto dentro di me. Rimanemmo così fermi e scossi dal tremito dell’orgasmo più squassante che avessi mai provato. Il liquido seminale cominciò a colarmi fuori dal culo e a scorrermi lungo le gambe e infine il cazzo di Gianni si affievolì uscendo ed egli, staccatosi da me, si stese su un fianco. Mi abbandonai anch’io su un fianco girandomi però verso di lui.

Trascorsero alcuni minuti di silenzio nel quale i nostri respiri ritornarono ad un ritmo normale e i miei tessuti lacerati si ricomposero lentamente.
Guardavo Gianni che se ne stava disteso di tre quarti a faccia in giù sul lenzuolone, il cazzo ormai moscio in mezzo alle gambe, visibilmente stremato da una inculata che lo doveva aver svuotato di ogni energia. Il mio sguardo corse alla linea dolce e rotonda del suo culo, al solco che solo mezz’ora prima mi aveva fatto toccare con mano, anche se solo per prepararmi alla scoperta sessuale più sconvolgente che avessi fatto. Mi resi conto che il mio pisello stava riprendendo vigore: la vista del culo di mio cugino e il pensiero di quello che avrei provato a fare . . .Mi sembrava un’idea folle: provare a scopare il mio cuginone più anziano di me! Perché no mi dissi e mi avvicinai a lui. Lo cominciai ad accarezzare sulle gambe “Grazie, sai Gianni, sei stato molto dolce, anche se qualche volta mi ha fatto male. A te è piaciuto?” “Da morire. Hai un culo meraviglioso, morbido, sembra nato per scoparci dentro!” Arrossii per il complimento come se fossi una donna cui avevano appena detto che era una gran figona, ma continuai le carezze e poi passai al solco. Prima ci fu un irrigidimento, poi sentii i suoi muscoli rilassarsi, forse non aveva voglia di combattere a difesa del suo buco perché era troppo stanco, forse magari l’idea era passata anche per la sua testa, fatto sta che non oppose resistenza. Visto che non oppose resistenza, presi come lubrificante lo sperma che mi colava dal culo e con quello cominciai il movimento circolare intorno allo sfintere che ormai avevo imparato a subire.
Era vero, il suo culo non era più vergine, perché non fu necessario un lungo massaggio prima di infilare tutto il dito dentro. Sentivo che me lo stringeva, che lo spingeva fuori e poi lo richiamava con le contrazioni muscolari, ma sentivo anche che i tessuti erano già stati allargati, e più di una volta! Per sicurezza inserii due dita ed anche queste vennero inghiottite senza gran difficoltà. Il mio uccello era ormai dritto e duro come il marmo e con l’altra mano lo inumidii di saliva abbondante, soprattutto la punta. Quando sentii Gianni mugolare, lo guidai con le dita nel culo a mettersi carponi, mi sistemai dietro di lui, con le due mani allargai più che potei il solco tra le chiappe, quindi puntai la cappella all’ingresso del suo anfratto.


Vidi le contrazioni dello sfintere e cogliendone il ritmo lo infilai nel momento più favorevole. La cappella fu inghiottita dentro e dovetti fare uno sforzo sovraumano per non venire: l’esperienza precedente e la vista del mio cazzo che stava inculando il cuginastro mi stavano facendo impazzire e perdere il controllo. Come lui aveva fatto con me, assecondai le sue spinte e guadagnai centimetri dopo centimetri fino a che non fu dentro tutto fino alla base. Mi fermai assaporando la bellissima sensazione di potere e di piacere che trovarsi con il proprio palo infilato dentro il culo di un uomo, ti dava. Avvertii le contrazioni delle viscere di Gianni e cominciai il mio su e giù. Il mugolio di Gianni cresceva di intensità assieme al piacere che attraversava tutto il suo corpo fino a fiondarsi nel cervello. Lo afferrai ai fianchi e cominciai a pompare, ma non come lui aveva fatto con me, ma con metodo e con potenza piuttosto che con frenesia. Il suo cazzo sbatteva contro le gambe ad ogni colpo e sembrava che tutto il suo corpo fosse squassato dai miei colpi che trasmettevano piacere e dolore, piacere e dolore, poi solo piacere. Un urlo parossistico mi colse quando mi sentivo ormai venire “Scopami scopami scopamiiiiiiiiii!” Gli risposi “Sìììììì” e con gli ultimi colpi ben assestati gli inondai il condotto della mia sborra calda e cremosa. Sembrava che non smettessi più di sborrare, poi mi placai e sentii anche il suo intestino contrarsi inconsapevolmente intorno al mio cazzo che si stava ammosciando.
Che giornata ragazzi! Ero venuto a casa di mia nonna con l’idea di scoparmi la zia Grazia e guarda invece che razza di esperienza! Ero stato inculato dal mio caro cugino scapestrato e poi l’avevo a mia volta inculato. E non sapevo proprio cosa mi era piaciuto di più. Pensai a quanto piacevole era stata la giornata ma soprattutto quali insperati orizzonti avesse aperto alla mia nascente vita sessuale. Sapevo che sarei venuto molto più spesso a casa della nonna e adesso, a seconda dell’ora in cui sarei arrivato avrei potuto trovare posto o nel letto di mia zia (oltre che nella sua figa e nel suo culo a questo punto!), oppure nel fosso a scambiarmi cortesie con mio cugino.

Ma soprattutto avevo imparato alcune cose che potevo mettere in pratica anche con il mio amico Fausto. Dovevo pensare per bene dove trovare un posto adatto: anche le periferie di città hanno dei fossati e dei posti nascosti, dove ripararsi dal torpore e dalla temperatura prodotta da una calda estate. La calda estate di quando persi la verginità nel culo!