domenica 10 aprile 2011

Racconti gay: Il calciatore in ritiro

L’estate scorsa nel mio paese di montagna venne in ritiro una squadra di serie B. Alloggiarono nell’albergo di mio padre, che molto spesso ospita squadre in ritiro perché il campo da calcio del comune è bello e ben tenuto e l’albergo è molto vicino, oltre ad essere il migliore della zona.
Io ero ben contento di lavorare con mio padre e per la prima volta non mi dispiacque il fatto di rimanere in albergo nelle giornate estive, che avrei preferito passare con i miei amici. Infatti vedere i calciatori, così belli e atletici, era per me qualcosa di magico, non riuscivo a staccare gli occhi di dosso dalle loro muscolose cosce, che sbucavano dai calzoncini cortissimi, i quali lasciavano intravedere, a volte, abbondanti pacchi, che io immaginavo di liberare e prendere in bocca. Per me erano giorni di eccitazione continua.
Riuscii a scambiare delle parole con tutti loro e alcuni furono molto amichevoli con me tanto da invitarmi un pomeriggio ad unirmi a loro per giocare a carte ad un tavolino all’aperto. Furono tutti molto simpatici e divertenti. Parlammo un poco e soprattutto di donne e sesso, non si preoccuparono del fatto che io li conoscessi da poco.


 Dovetti inventare qualcosa per fingere di essere etero e voglioso di donne come loro, non sapevano che mi piacciono i ragazzi, soprattutto se come loro. Del gruppo seduto al tavolo chi mi attraeva di più era Filippo, il più grande della squadra nonché capitano, che, con i suoi bellissimi occhi magnetici, teneva i mie incollati a lui. Venni a sapere che era sposato e che aveva anche due figli.
La partita finì e io tornai ad occupare il mio posto dietro il banco della reception, sperando in un’altra occasione di stare con loro.


Il mattino seguente, inaspettatamente, Filippo, finita la colazione per primo, si fermò a parlare con me, aspettando che gli altri fossero pronti per andare al campo.
Il pomeriggio, dopo che i giocatori, eseguito l’allenamento pomeridiano, erano rientrati tutti nelle loro stanze, squillò il telefono della reception. Mio padre stava discutendo con un nuovo arrivato, risposi io. Era Filippo, che voleva in camera una bottiglia d’acqua. Non potevo farmi sfuggire l’occasione: gliela portai io stesso.
Bussai alla porta, che si spalancò essendo socchiusa. Non c’era nessuno. Sentii il rumore della doccia. Non volevo lasciare lì l’acqua e non vedere Stefano, così decisi di uscire e di aspettare che finisse la doccia. Origliai e quando sentii i suoi passi nella camera entrai come niente fosse. Lo trovai in accappatoio, con i capelli neri bagnati e i pochi peli del petto muscoloso gocciolanti. Mi eccitai. Mi girai di scatto e posai l’acqua sul comodino senza dire una parola. Filippo mi ringraziò,
ma continuai a tacere. «Cos’è sei diventato muto?» mi chiese. «No» riuscii a farfugliare, quando mi sentii le sue braccia chiudersi sul mio petto e il suo cazzo stretto sulle mie chiappe. «O forse sono stato io a toglierti la parola?

Sai, è tempo che non vedo mia moglie e avrò pure dei bisogni da soddisfare o no?» mi disse facendo scivolare il suo arnese tra le mie natiche. Il mio cazzo era completamente in tiro; non potevo crederci, il gran bel Filippo voleva scoparmi, come potevo sottrarmi?

Mi giraì e lo baciai, gli strappai di dosso l’accappatoi e potei finalmente godere completamente di quel corpo scolpito. Il suo cazzo era grande e bello (22 cm circa) e lui iniziò a menarselo. Mi disse di spogliarmi e io lo feci in un secondo, poi mi invitò a salire su uno dei due letti singoli (fortunatamente il suo compagno di camera non c’era). Salì anche lui mettendosi in ginocchio e appoggiò le mani indietro, così da invitarmi a prendere in bocca quel gustoso bocconcino di verga. Mi chinai e lo feci.

La presi tutta in bocca, quasi non respiravo per quanto era grande, iniziai a spompinarla meglio che potevo, su e giù con la bocca, sempre più forte; sentivo Filippo gemere di piacere. «Sei davvero bravo, brutto frocetto, ma non vorrai mica che venga subito? Il divertimento deve ancora cominciare», detto questo, Filippo scese dal letto e, allargate le mie gambe, mi infilò dentro il cazzone. Cacciai un urlo, cosa che fece anche Filippo, il quale cominciò lentamente a far uscire e rientrare la sua verga, che incominciava a darmi piacere. Ad un tratto però aumentò notevolmente il ritmo, fotteva come una belva, forte e sempre più forte tra gli ansimi, mentre con le robuste mani mi tenevano le gambe. Io per godere ancor di più iniziai a masturbarmi, intanto lui continuava a sbattermelo dentro inarrestabile. Poi si fermò, il cazzo dentro di me, si chinò e mi baciò, riprese dunque a scoparmi come prima più di prima. Si fermò di nuovo, ma ne aveva ancora.
Mi fece girare a pecora e ricominciò a fottermi, questa volta a ritmo più lento ma con spinte molto violenti. Gemevo e godevo come non mai.
Di nuovo estrasse il cazzo, definitivamente. Mi stesi sul letto supino e presi a masturbarmi come fece lui sulla mia testa. Venne e mi inondò la faccia di sborra, ripulii con la lingua tutto: nulla di quel caldo succo di toro andava perso. Infine venni anch’io, sul mio addome.
Mi rivestii e prima di andare gli diedi un ultimo bacio. Lui mi disse che ero stato proprio una brava cagna.