sabato 14 maggio 2011

Racconti gay: Compiti maledetti

Ciao – gli avevo appena detto non più di due ore e mezza fa uscendo dalla sua auto, ed ora rieccomi lì di nuovo a salutarlo sull’uscio mentre entra col suo ingombrante zaino sulle spalle nel salone di casa mia. Ormai da tre giorni usufruivo del servizio navetta casa scuola offerto da sua madre e come prescritto dai miei, per non sentirmi in debito con loro, avrei dovuto ricambiare la cortesia aiutando di tanto in tanto Luca nei suoi compito di casa o a studiare, anche se, da quel poco che lo conoscevo, sapevo che non aveva certamente bisogno del mio aiuto.
- Dai entra alla svelta, che oggi tra i compiti e la verifica di domani non ho tempo neanche di guardarmi alle spalle – Luca non rispose, col suo fare sicuro di sempre mi guardò con una faccia che sembrava dare poco credito alle mie parole, quasi sapesse di avere il comando, e sistemò diligentemente sul tavolo di sala i suoi libro e i suoi quaderni.


Non avevo mai fatto degli incontro di studio pomeridiano a casa mia e per me era una cosa nuova, specialmente se avere uno più piccolo a cui addirittura avrei dovuto fare da precettore. Ogni tanto lo guardavo assorto nei suoi compiti: sembrava irreale vederlo così distaccato, intento a studiare, quanto la maggior parte del tempo trascorso in casa mia finora era stato speso in ben altra maniera e molto più divertente; soprattutto mi stupiva non aver avvisato in lui il minimo tentativo di cominciare quell’altra attività.
Dopo poco più di un’oretta passata in religioso silenzio Luca chiuse rumorosamente i libri come a sottolineare la chiusura di tutti i suoi impegni scolastici,: - bene!.... ho finito, che si fa?- mi disse deciso guardandomi.
- Si fa un bel niente Luca… non so te, ma io ho ancora un casino di roba da fare: domani ho una verifica se te lo sei dimenticato… –
Non disse nulla, non aggiunse niente; nessuna reazione apparente, non sembrava nemmeno più lui, l’unica cosa che non aveva perso era la sua solita sicurezza. Dopo di un po’, avvicinò la sua sedia a me e fece finta di guardare i miei libri, e mentre con lo sguardo leggeva pagine di trigonometria, la sua mano finì sul mio pacco; io avevo la tuta, come sempre d’altronde, e vi rovistò bene. Non ne potevo più di quelle stupide formule: che tentazione cedere al suo invito, ma quella pagine maledette certamente non si sarebbero lette da sé; a malincuore presi la mano di Luca, così dolce, e la levai: - T’ho detto che devo studiare… adesso non ho tempo… – cercai di essere duro, ma con lui era impossibile - …forse, sì, dopo, ma non ti posso promettere nulla… –


- Quanto ancora? –
- Ancora tanto… dai lasciami finire…- ero disperato da una parte quelle tediose formule di seni e coseni e dall’altra l’appagante insistenza di quel diavoletto biondo; che fare?
- Possibile che io abbia già finito e tu…- iniziò con tono polemico, ma lo interruppi: - forse è perché tu fai la prima e io la terza…? Forse perché il mio anno è un tantino più impegnativa del tuo? No…? –
Ci rimase male, ma tornò alla carica: - beh ma almeno posso… - disse sottintendendo, mentre riallungava la mano.
- Ti ho detto no! mi deconcentri!- scocciato conserse le braccia e mi chiese dell’acqua; lo accontentai e poi gli accesi la tv per levarmi di torno quell’attraente fonte di distrazione, ma non passo molto che Luca si rifece vivo alle mie spalle, guardando nuovamente sui miei libri. Una mano leggera si posò sulla schiena, dandomi il dolce calore di un contatto umano, forse anche lui cercava solo un minimo di contatto in quel lungo pomeriggio, ma non potevo concedergli null’altro in più o sapevo che avrei abbandonando quei tediosi libri per il resto della giornata. Fissai il vuoto, finché si trattava di una semplice mano potevo anche resistere, ma immerso nella mia stessa inerzia gli occhi non focalizzavano altro che un indistinto punto nello spazio e né un solo muscolo del mio corpo mi rispondeva, il tempo si era per me come fermato, mentre la pressione sulla mia spalla dolcemente cresceva, il respiro di Luca si fece più fondo e vicino fino a toccarmi la testa con la sua; quasi in automatismo alzai la mano per toccare il morbido dei suoi capelli. Poi Luca si mosse sedendosi dietro e l’incantesimo del suo tocco si ruppe. Mi abbracciò
- Luca dai… per piacere –


ma non sto facendo niente sono qui buono, non va bene neppure questo…!
- dai, stai pure lì, però sai cosa non devi fare, ok?
- Sì, sì non ti preoccupare, però quando hai finito andiamo in camera tua? – e l’abbraccio si fece più caloroso
- Perché in camera mia?
- dai come l’altra volta… a me è piaciuto un sacco! – disse con la voce timida e dolce; quella volta era piaciuta anche a lui dunque, e se ne ricordava bene
- No, non possiamo, dopo diventa troppo tardi: arriva a casa mia madre…, però qualcosa da fare lo troviamo non ti preoccupare… e non starmi così addosso!
C’è l’avevo duro, mi intrigava troppo studiare con lui abbracciato; mi faceva sentire desiderato, atteso, però anche che fatica! se solo la sua mano fosse scesa d’un po’ e avesse iniziato a muoversi su e giù, che bello che sarebbe stato! Brrr… mi dovevo riprendere non dovevo pensare a quel dolce peso sul groppone; mi dovevo concentrare, perché una volte finite quelle maledette 4 pagine avrei dato sfogo al mio desiderio. Luca nel frattempo si era completamente accomodato, oltre a cingermi con le braccia, si era pure adagiato la testa sulla mia schiena, avevo quasi l’impressione che si fosse addirittura addormentato.

Queste ultime dieci righe le posso anche saltare; chiusi il libro e mi stirai pigiando Luca contro lo schienale della sedia.
- Ahi! – mi grido acuto.
- Oh scusa ci sei tu, me ne ero scordato, sai non ci sono abituato!
- Sì, ho capito ma adesso levati… -


- Aspetta un attimo – dissi buttando in dietro le braccia in cerca di qualcosa di lui, ma che sfiga aveva i jeans… ne percepivo l’ingombro ma non potevo apprezzarlo. A dire il vero non avevo propria voglia di venire quel giorno, mi aggradava qualcosa di più rilassante; colpa sua… colpa del suo rilassatissimo dormire sulla mia schiena, dopo tutto non ero mica pagato per i miei servigi e non ero vincolato al suo volere da alcun contratto, anzi era lui in casa mia… stava a lui conformarsi alle mie decisioni.
- Dai vieni sul divano – gli dissi traghettandolo per mano a distendersi sul divano tra le mie braccia. Voleva fare come la volta scorsa in camera mia, beh… allora avremmo fatto una bella pennichella accoccolati, doveva andargli bene pure quella, perché non s’era lamentato. Mi piaceva l’odore dei suoi capelli, così morbidi sotto le dita, come avere il mio gatto: - ma cosa usi? sei morbido come il mio gatto!-
- Hai un gatto?- mi chiese inspiegabilmente incuriosito, guardandosi attorno
- Sì
- E dov’è, non l’ho mai visto!
- Ah lui gira, è un vagabondo, la prossima volta se riesco lo costringo in casa così lo vedi! - Mi piaceva l’idea di accontentarlo, mi sarebbe piaciuto tanto fargli un regalo, ma non avevo molto denaro e poi mi sembrava una cosa troppo sfacciata, così mi dovevo limitare ad accontentare i piccoli desideri che manifestava, e ricominciai ad accarezzarlo sulla nuca con immenso piacere. Era rilassante ed eccitante allo stesso tempo averlo lì sul divano, ogni tanto strusciavo la mia erezione contro di lui, quanto a un certo punto lo notai trafficare in basso, nei pressi della patta; sentii il tinnio metallico dell’ardiglione contro la fibbia, e il ronzio della zip: - ma che stai facendo?- dissi abbastanza scocciato per il mio mancato coinvolgimento
- Visto che non vuoi, faccio da me, o non posso fare nemmeno quello padrone?
- No, no, fai pure, io preferisco continuare così… – e iniziò a masturbarsi.
Il primino si stava masturbando e ci stava dando dentro davvero, si stava proprio facendo una sega, se non fossi intervenuto, credo avrebbe addirittura sborrato sul tappeto, quello poi no! E poi non si può dare una festa senza invitare il padrone di casa non è corretto, ne tanto meno far prendere aria all’uccello in casa altrui senza farselo trastullare da altri.
- Allora. la smetti di smarlettarti prima di venire! – ma lui continuava imperterrito, allora l’afferrai, appena si accorse della mia mano tolse la sua - stai fermo… ora ti masturbo io! – e rise.
- Embè che hai? –
- Mi fa ridere quello che hai detto! –
- Cosa?
- “ora ti MASTURBO io”, ma che razza di verbi usi?
- I verbi che mi pare, e adesso taci o smetto! – e tacque. Preferivo decisamente com’era adesso: vedere e non toccare: è una regola che non m’è mai piaciuta, e poi toccare la bega di Luca era particolarmente bello, e poi così non rischiavo che mi giocasse brutti scherzi, avevo io in mano le redini situazione e che situazione…

- Ahia – lo sentine sofferente
- Che c’hai… –
 La cerniera… mi strofina contro e fa male – che lagna… e spinse in basso sia i jeans che le mutande. Era già passato un po’ da quando mi ero messo a gingillare col suo randello, e anche se non andavo a buon fine - come avrebbe fatto lui-, la cosa non sembrava minimamente dispiacergli, anzi si assopì mentre ancora smanettavo; pero perché darsi tanto da fare per uno che dorme, meglio esplorarlo un pochettino. Scesi la mano giù per la lunga asta, fino a giungere alla salda base, mi dava una carica fortissima stringerglielo lì in basso, sembrava così massiccio così vigoroso, poi ora che erano finalmente libere dagli slip potevo giostrarmi pure le sue palle; mi dimenticavo sempre di loro, eppure esano così belle da tenere in mano: così morbide ma allo stesso tempo così piene di gonadi che era una spasso riempirsene il palmo; forse era anche il caso di vendicarsi finalmente rompendo un po’ i maroni a quel simpatico rompiballe.
Tra tastate, tastatine il tempo passava e Luca sonnecchiava alla grande, non so per cosa tenessi acceso il televisore, non lo degnavo di uno sguardo, concentrando su quell’essere che mi dormiva accanto.

Era arrivavate mia madre, uffa! Melo sarei goduto volentieri un’altra mezz’oretta e lui pure dalla gran che dormiva tra le mie braccia: - Luca svegliati è arrivata mai madre sistemati..–
Luca si svegliò improvvisamente risistemandosi di nascosto dello schienale del divano: – Ma perché non mi hai svegliato prima! almeno sarei andato via prima che arrivasse tua mamma! – disse a bassa voce
- No, perché mi serve che ti veda, che sei venuto a fare i compiti, se no poi mi rompono, se vengo in macchina con voi senza dare niente in cambio… capiscimi sono balle da genitori non devono per forza essere logiche! – e sorrise, speravo solo nel suo essere bravo attore con mia madre.
Strategicamente mi rimisi al tavolo e quando mia madre entrò, iniziai a chiudere i libri facendo finta di aver appena finito di studiare. – ciao Alle, ah ciao anche a te Luca, come stai? – mentre lei gli attaccava la sua solita pezza portai i libri in camera mia.
Avevo tenuto per così tanto in mano l’uccello di Luca che ancora ne sentivo la forma nel palpo, avrei volentieri sopperito alla mancanza della sua materia prima con il mio, ma non c’era tempo per una sega; li avevo già lasciati soli a parlare per 5 minuti, era più che sufficiente ed ora era tempo di rientrare in scena. Era quasi seccante come Luca risultasse sempre simpatico a tutti: i miei compagni di classe, i professori della sua, ai miei genitori… basta meglio ricomparire prima che a mia madre venisse voglia di barattare suo figlio con il piccolo ospite; scesi le scale, Luca mi aspettava vicino la porta posteriore col casco tra le in mano… però aveva finalmente imparato quand’era ora di smammare, bravo ragazzo! Anche se oggi mi dispiaceva lasciarlo andare via. Lo accompagnai nel garage, vederlo accendere lo scooter mi tuffo il cuore nella tristezza, ma perché mia madre non lo aveva invitato a rimanere a cena? Non mi sarebbe affatto dispiaciuto tenerlo un altro po’ in casa, e magari farmi fare una bella seghina. Quando uno le faceva un favore non finiva mai di sentirsi in debito e ero che ero io riceve il favore le bastava che lo aiutassi nei compiti? Com’è ingiusta la vita!
Andai in un cantuccio scuro del garage: - Luca vieni… – mi guardò curioso e si avvicino, ce l’avevo duro: - che c’è? – gli presi la mano: - senti una prossima restassi qua cena? – gli chiesi infilandomi la sua mano nelle mutande: - Sì, dai una prossima volta si può fare… chiedimelo prima però devo avvertire mia mamma! Luca iniziò a rovistare avvicinandosi ancora. Perdeva tempo, tergiversando con domande scontate di cui già conoscevamo le futili risposte mentre la sua dolce manina si muoveva; ma perché doveva andare scappare? non potevamo adottarlo e tenercelo per me in casa… un cigolio di porta, Luca ritrasse la mano guardandosi alle spalle, ma non c’era nessuno, non era mia madre, quella maledetta porta si era mossa col vento, ma ormai aveva già rotto l’intimo incanto, lo abbracciai per un ultimo addio e tristemente ci salutammo.
Mentre usciva dal cancello, sentivo ancora la sua mano calda che idealmente non mi aveva mai lasciato, domani l’avrei rivisto ma intanto non avrei resistito così tante ore senza di lui, mi sarei sfogato in camera mia con quella sua mano nella mia fantasia.