martedì 8 febbraio 2011

Racconti gay: Estate 66

Di mattina presto il rumore infernale, ma festoso al tempo stesso, della macchina sgranatrice per la battitura mi sveglia. E’ il segnale d’avvio di una nuova e lunga faticosa giornata di lavoro, a cui neanche noi ragazzini potevamo sottrarci. Inizia così una giornata che solo alla sera potrà essere definita particolare, che rimarrà impressa piacevolmente nella mia mente.


Un ricordo al quale di tanto in tanto, mi piace far tornare la mia memoria, per seguitare a fantasticare e riprovare a sentire dentro il mio animo e nel corpo le stesse sensazioni.
Abbandonarmi al ricordo di un pomeriggio trascorso sopra di un letto, di quelli alti di una volta con le testiere madreperlate, sui quali a noi ragazzini per salirci sopra, occorreva prendere la rincorsa. La mattina trascorse tra la distribuzione del dare da bere agli uomini e portar loro la colazione. Un rito che aveva una sua sacralità, in quanto significava anche ospitalità e profondo rispetto per il lavoro svolto dai vicini che erano venuti a dare una mano: anche questo un segno concreto di solidarietà, in una società non ancora contaminata dallo sfrenato egoismo consumista, dal misurarsi come avviene ora uno con l’altro, a suon di telefonini e di altre fregnacce.
Una mattinata quindi trascorsa insieme ad altri ragazzini come me ed uno in particolare Gianni di 16 anni, quindi un po’ più che adolescente.



Il più grande, quello a cui molti di noi ancora poco più che bambini, guardavano con una certa ammirazione. Gianni oramai cominciava ad essere un ragazzo e la barba appena pronunciata, il gonfiore della patta, erano i chiari segni che il suo corpo aveva già subito quella trasformazione naturale, che ti fa sentire grande e che ti fa avvertire il sesso come un bisogno naturale da soddisfare. Con chi e come, non ha alcuna importanza e questo io lo capii poco prima di andare a pranzo, quando ci mettemmo tutti insieme sotto una doccia improvvisata, a lavarci i nostri giovani corpi, liberarli dalla polvere della battitura. Non ricordo con precisione quanti eravamo esattamente, ma ricordo bene le sensazioni strane che cominciai ad avvertire dentro di me, alla vista di tutti quei corpi lisci. In particolare quello di Gianni, che uscito dall’adolescenza cominciava ad essere scolpito e ben fatto. I nostri corpi dunque sodi e risplendenti, le mutandine bagnate poi mettevano ancora più in risalto i nostri piselli appena adolescenziali, che tutti ci guardavamo come per scrutare, è inutile nasconderlo, chi ce l’aveva più grosso.



 Sopra di noi intanto il sole torrido di luglio picchiava impietoso. Questo mio osservare attentamente i corpi, ed i turbamenti che provavo, erano il segno che anche io stavo per iniziare a subire quella bellissima metamorfosi naturale che in Gianni s’era già materializzata, Adv
e che me lo faceva apparire come una cosa bella da assaporare. Non era la prima volta che sentivo un certo fremito tra le gambe, ma quella volta fu una cosa un po’ più forte non riuscivo a capire cosa era, ma era bello avercelo. Il pranzo volò via veloce e festoso, con le donne indaffarate a servire gli uomini che li a poco, avrebbero dovuto tornare a lavorare e noi ragazzi, che ancora non eravamo rapiti dalla TV, dal suo sciocchezzario, intenti a scherzare tutti insieme. Finito di mangiare, gli adulti si alzano per riprendere il lavoro, mentre a noi ragazzi ci aspettava un pomeriggio di riposo sopra i letti, ed anche quel pomeriggio andai nella stanza di una mia zia e con le sole mutandine mi stesi sopra le lenzuola, che mi procurarono una piacevole sensazione di freschezza. Era normale stare in più d’uno sopra il letto, ed anche quel giorno fu così. Solo che quel giorno venne Gianni a sdraiarsi accanto a me, l’aveva fatto altre volte, ma quel pomeriggio accadde che entrambi scoprissimo il piacere sessuale.




Gli scuri accostati delle finestre, creavano una penombra all’interno della stanza e grazie a questa, l’intimità era più naturale, tanto che finì per divenire la principale complice di quanto avvenne. Si cominciò con il leggere i giornalini, e in quel silenzio rotto ogni tanto dallo sfogliare delle pagine, Gianni cominciò a toccarsi il pisello. In un primo momento non mi accorsi di tutto ciò, quando ad un tratto, con la coda dell’occhio, vidi il membro di Gianni. Questo era già bello rigido e la sua mano lo accarezzava con sapienza: a quella vista non mi ritrassi indietro anzi, ricordo bene che quella visione mi procurò istantaneamente un senso di piacere. Si, vedere quel coso duro e grosso mi eccitava. Lui se ne accorse e dopo aver indugiato alcuni istanti, mi disse se glie lo avessi accarezzato. “Dai –con voce calma mi disse- fammi un po’ su e giù”. Ricordo che senza alcuna esitazione, con estrema naturalezza, allungai il braccio e cominciai a toccare , a stringere fra le dita il suo pisello. “Hai fai più piano, più lentamente”.


Non l’avevo mai fatto prima di allora ad un altro, ma fu spontaneo, estremamente naturale cominciare a stringere quel membro caldo, liscio e duro. Carezze alle quali il pisello rispondeva con un irrigidimento sempre maggiore, mi piaceva stringere fra le mani quel membro e piaceva anche a Gianni, il quale disteso con le mani dietro la nuca, aveva cominciato ad ansimare.
Il suo corpo stava vibrando e fu a quel punto che mi accorsi che anch’io avevo qualcosa di duro tra le mie gambe. Con una mano stringevo il suo pisello, con l’altra accarezzavo il mio. Non era la prima volta che lo facevo, ma quel pomeriggio il piacere mi parve essere più intenso, più maturo, stavo scoprendo i piaceri sessuali in modo nuovo e del tutto naturale. Come fu naturale ad un certo punto, girarmi sopra di lui, portare la mia bocca vicino al pene, e cominciare a succhiare, a leccare.

 Non me l’aveva chiesto, forse neanche lui conosceva tutto ciò, fu il mio istinto a spingermi a fare quel gesto, allora non potevo certo capire la teoria dei bisogni che si scontrano con la morale, ma comunque ricordo bene, che di quest’ultima non me ne importava niente. Ora lo avevo in bocca, caldo e duro, ed il piacere reciproco andò in un attimo alle stelle.
Non so quanto durò, come pure per l’inesperienza non riuscii ad avvertire il momento che lui stava venendo. Avvertii solamente che i suoi mugolii erano cambiati; il suo corpo si muoveva con più forza, e con più ritmo spingeva il cazzo dentro la mia bocca, tenendomi la testa fra le mani. Furono attimi lunghissimi alla fine dei quali il suo sperma mi riempi la gola e fu una vera sorpresa. Fui invaso da un piacere immenso. Quel profumo strano, amaro, inebriante. Continuai ad occhi chiusi a succhiare per molti minuti ancora lo ricordo bene, finché il suo pisello non fu completamente ammosciato. Solo allora li riaprii, e vidi quel mare di crema bianca che avvolgeva tutto il suo pube, e tutta la mia bocca.
Poi il silenzio riempi la stanza, il suo corpo si placò, avevo fatto il mio primo pompino, ed ero felice.
Una gioia che esplose di li a poco quando anch’io venni tra le mia dita.