giovedì 10 febbraio 2011

Racconti gay: Ricordi e voglie che tornano

Tra non molto, dopo il lavoro, mi incontrerò con uno sconosciuto che mi ha detto di chiamarsi
Andrea.
Uno sconosciuto con il quale ho parlato solo per telefono. Non so che aspetto ha, ma ne conosco, credo, il nome e le inclinazioni.
Ho risposto ad un annuncio pubblicato attraverso internet nel quale Andrea si è dichiarato un omosessuale desideroso di fare nuove conoscenze ed eventualmente sesso.
Da qualche tempo ho preso a navigare nei siti specializzati in annunci “personali” e in particolare a sfogliare la sezione “Lui cerca Lui”.


Sono un uomo sulla cinquantina con un matrimonio ormai alle spalle e qualche relazione femminile, con le quali, a vario titolo (amore, reciproca attrazione, abitudine), ho rapporti sessuali soddisfacenti.
In me, però, c’è sempre stata una leggera componente omosessuale, che da più di trent’anni avevo messo “in soffitta”, limitandomi a darle spazio, ogni tanto, solo nella mente immaginando e vivendo situazioni che mi facevano vivere orgasmi solitari.
Da un anno circa il desiderio di un uomo è ritornato prepotente.
Non ho il tempo ne la voglia di cercarmi un incontro per strada per un cumulo di ragioni.
Ho cercato attraverso internet di conoscere qualcuno, ma nessuno mi ha convinto sino in fondo.
L’annuncio di Andrea mi ha interessato particolarmente e lo scambio di mail che ne è seguito mi ha convinto che forse ho trovato la persona giusta.
Andrea è un quarantenne passivo, che mi ha scritto di avere un cazzo piccolo e di non essere interessato a “penetrare”, cosa che mi fa piacere perché non sono mai stato penetrato e non ne ho mai provato la voglia, però ho voglia del suo cazzo piccolo.


La mia omosessualità sarà forse particolare, ma ho amato e goduto il cazzo, senza per questo prenderlo nel culo.
La scoperta dell’attrazione per il cazzo arrivò sul finire di un estate di tanti anni fa., ero al primo anno di università.
In quegli anni il sesso era qualcosa di disdicevole e ogni relazione che fuoriusciva dai canoni previsti era, doveva essere, clandestina.
Questo limitava molto le possibilità di tutti, ma soprattutto dei giovani, che vivevano la loro prorompente sessualità principalmente masturbandosi o con la frequentazione di qualche prostituta, che dopo la chiusura di quelle case rischiava facendo il suo mestiere in qualche strada buia o in casa.
Raramente si riusciva a chiavare una donna o una ragazza, al massimo si riusciva a cosciarla (infilarlo fra le cosce con le mutande della ragazza a far buona guardia della verginità).
L’attività prevalente restava la masturbazione solitaria e qualche volta di gruppo.
Io sono stato più fortunato. Per una serie di ragioni che magari saranno oggetto di un altro racconto, avevo scoperto il sesso con una mia Adv
cugina e con una ragazza che veniva a servizio in casa nostra.
Ma torniamo all’omosessualità.
Eravamo in Settembre inoltrato, ma le spiagge della mia cittadina erano ancora frequentate dai giovani che aspettavano l’inizio delle scuole e dell’università.



Era questo un periodo di forte sessualità.Sulla spiaggia non c’erano più adulti e i ragazzi si muovevano liberamente.Gli stabilimenti balneari venivano progressivamente smontati e le cabine delle file interne erano lasciate ormai aperte a disposizione di chi si voleva appartare.
In queste cabine si consumavano grosse masturbazioni di gruppo.Era frequente vedere due o tre appartarsi in una cabina per farsi “un pesce in mano” ascoltando il racconto di bellissime ma fantastiche chiavate.
Una delle tante mattine ero andato in spiaggia con Mario, avevo bisogno di incontrare Carlo, il mio capo gruppo in un associazione giovanile che frequentavo.
Chiesi in giro e qualcuno mi disse che lo avrei trovato sopra nelle cabine.
Salito all’ultimo piano delle cabine guardai tra quelli stesi al sole ma Carlo non c’era.
Chiesi e qualcuno mi disse che era di dietro in una cabina.
Prendemmo il corridoio posteriore e vidi una porta semi aperta, Carlo era sicuramente in quella cabina.
Arrivati aprii completamente la porta ed entrai, ma la scena che mi se presentò mi blocco sull’uscio.
Carlo era accosciato, come un indiano, sull’asse, che faceva da panca, e si teneva fra le mani il giovane cazzo in erezione, mentre l’altro compagno di cui non ricordo più il nome era seduto a cosce larghe e si accarezzava anche lui il cazzo.
Rimasi interdetto e sorpreso non avrei mai immaginato che Carlo facesse cose di questo genere, era il mio capogruppo e non si era mai lasciato andare a discorsi lascivi.
Stavamo impalati sulla porta ed io sarei voluto andar via, ero sconcertato, ma qualcosa mi diceva di non muovermi.

 Non mi spiegavo cosa mi trattenesse, mi dissi che se andavo via mi avrebbero dato del bamboccio che si vergognava, ma nello stesso momento capii che non era quello il motivo.
Capii che qualcosa d’altro mi tratteneva: il cazzo di Carlo.
Ci fecero segno di entrare e ripresero la loro masturbazione.
Carlo invocava con parole lascive la pucchiacca (pube femminile) e si masturbava, mi sedetti sulla panca al suo fianco, Mario rimase in piedi sulla porta.
Il cazzo del ragazzo mi attraeva e dopo un attimo di imbarazzo presi a guardarlo affascinato.
Non era un cazzo bellissimo ma aveva qualcosa di animale, era corto e largo con una capocchia grossa, che diventava sempre più rosso-viola.
Guardai anche l’altro, che aveva un cazzo lungo,sottile, si masturbava sollevando il bacino, mimando la copula e si scopriva completamente il glande tirando la pelle fino in fondo, ma non mi attraeva.Diedi solo una occhiata, ritornando subito sulla “bestiolina”.
Il giovane cazzo di Carlo mi aveva dato subito l’idea di qualcosa di animale, come di una piccola bestia che aveva una vita propria.
Guardavo Carlo masturbarsi e sentivo un profondo sconvolgimento, una strana sensazione di fremito mi correva dallo stomaco al cazzo.
Ero emozionantissimo, vedere un maschio, anzi due, masturbarsi così lascivamente mi eccitava.
Ormai sapevo che non era il racconto di Carlo ad eccitarmi, ma il suo cazzo animale.
Ero completamente paralizzato, avevo la gola stretta e non riuscivo a deglutire.
La paura che i miei sentimenti fossero scoperti dagli altri mi bloccava e stavo guardingo ad osservare quella scena.
Carlo parlava della fessa (le grandi labbra) di qualcuna, ma non ricordo bene le parole e il fatto, perché non ascoltavo. Ero preso totalmente dalla visione del cazzo sempre più duro e dalla grossa capocchia rossa.
Ne ero terribilmente attratto, volevo toccare quella verga, accarezzarla stringerla.
Ad un tratto la mano rallento e continuò con carezze lente e lunghe che scapocchiavano lentamente il cazzo e tiravano giù fino in fondo tanto da incurvare la capocchia trattenuta dal prepuzio.Sembrava che il giovane lo offrisse, agli occhi dei presenti per dimostrare la sua mascolinità ed io sentiii il desiderio di sostituire la mia mano alla sua.
Un qualcosa di liquido cominciava a far capolino dalla bocca di quella meravigliosa “bestiolina”.
“Vedete sto sfacciando (arriva l’orgasmo e lo sperma)” disse Carlo.
“Non è sfaccio (sperma) “ disse l’altro.


I due erano talmente presi dalla loro masturbazione e dal loro prossimo orgasmo che si erano completamente dimenticati di noi.Il tutto non durava che da qualche minuto e si sarebbe esaurito da lì a qualche attimo, non appena i due avrebbero avuto il loro orgasmo.
Pensai che mi dispiaceva e questo pensiero non mi meravigliò, volevo continuare a guardare.
Io ero seduto sulla panca di fianco a Carlo e non toglievo gli occhi dal suo cazzo. Avevo avuto molte esperienze di nudità in comune con altri ragazzi, mi era sempre piaciuto guardare i loro cazzi, senza darlo a vedere, ma non ero mai stato attratto come in quel momento.
Era la prima volta che il desiderio del cazzo si era manifestato in maniera così forte e incontrollabile. Volevo, dovevo avere quel “pesce” (cazzo nel nostro dialetto) a tutti i costi.
In quel momento una voce dall’esterno chiamo Mario invitandolo a raggiungere gli altri; iniziava la solita partita di calcio.
Immediatamente, Carlo e l’altro ragazzo, smisero di masturbarsi, distratti e sorpresi dal richiamo, rimanendo con il loro cazzi eretti.
“Vado, ci vediamo dopo! “ disse Mario “Iniziano la partita” e si voltò verso la porta aprendola.
“Vengo anch’io” disse l’altro ragazzo alzandosi di scatto e richiudendosi il cazzo nei pantaloni.
“Venite ?” chiese Mario rivolto a me e a Carlo, che eravamo rimasti seduti.
Non rispondemmo, ma nemmeno Mario attese la nostra risposta.
In un attimo furono fuori lasciandoci da soli nella cabina.
Fui felice di questa circostanza, era arrivato il momento di capire qualcosa di più di quello che mi stava accadendo e sulla mia sessualità.Certo la cosa non mi era chiara come ora.
Sentivo una forte attrazione per il cazzo di Carlo e non volevo rinunciare a vedere il finale della sua masturbazione, ma non avrei mai confessato il mio desiderio.Il rischio era grosso.
Non appena soli rimasi in silenzio in attesa che il ragazzo ricominciasse, ma Carlo aveva cambiato idea ed ebbi la sensazione che stesse per ricomporsi e uscire, l’idea che tutto finisse era inaccettabile.
La nuova situazione di intimità mi diede la spinta, eravamo da soli e dovevo tentare a tutti i costi di trattenerlo.
“Allora ?” dissi aprendomi la patta dei pantaloni e tirando fuori il mio cazzo.
Iniziai a masturbarmi, sperando che il ragazzo raccogliesse l’invito.


Non avevo mai fatto una cosa di questo genere, in particolare non mi ero mai masturbato insieme agli altri.
“Dai raccontami, voglio sfacciare (venire) anche io” dissi per rafforzare l’invito.
Carlo mi guardo e guardo il mio cazzo, era interdetto, ma qualcosa di nuovo e di misterioso si era impadronito di lui come di me, fu un lampo che lessi nei suoi occhi.
“Ma che vuoi fare ! Tu non capisci di queste cose” rispose Carlo con un sorriso di scherno “Che ne sai della pucchiacca, non puoi capire”.
Il suo scherno rafforzo le mie intenzioni.
Sapevo che potevo dare una lezione a quello sbruffone, che non immaginava quanta esperienza avevo della pucchiacca e delle femmine, ma in quel momento mi interessava altro.
“ Io non credo a quello che hai raccontato” gli dissi in tono di sfida, dovevo riportarlo all’atmosfera precedente, volevo che riprendesse fra le mani “la bestiolina” e mi lasciasse godere lo spettacolo.
“Tu non hai mai chiavato!” soggiunsi in tono fermo.
Carlo rimase colpito dalla mia sicurezza e benché più grande di qualche anno si intimidì.
“Sai” disse Carlo, pizzicandosi la punta dell’uccello ormai moscio
“Tutto quello che ho detto sin ora non è vero.Non posso raccontare la verità”
“ A me puoi raccontarla, non dirò niente a nessuno” Dissi, cercando di rassicurarlo.
“ Tu hai mai chiavato una donna ?” mi chiese e senza attendere la risposta continuò.
“ Io l’ho chiavata e la chiavo tutte le volte che voglio” “C’è una signora che mi fa chiavare me lo fa mettere nella pucchiacca.” disse e iniziò a raccontarmi di una donna di mezz’età la signora Letizia e di tutto quello che la signora gli permetteva di fare.
Si! Di quello che la signora gli permetteva di fare, perché allora i ragazzi non capivano quasi nulla del sesso. Carlo probabilmente chiavava con la signora, che si prendeva il suo godimento senza che il ragazzo se ne rendesse conto.Erano convinti che tutto il piacere fosse una cosa solo al maschile.
Cominciai a prestare attenzione al suo racconto, anche se non ero convinto che dicesse la verità. Carlo parlò del come la cosa gli era successa e inizio a descrivere le grazie della sig. Letizia ed in particolare della pucchiacca e delle zizze (tette) della signora.
Cosi dicendo aveva ripreso a masturbarsi,il suo pesce a indurirsi ed io a guardarlo.
Ma stavolta era diverso, non era come prima anche lui guardava il mio cazzo.
Una figura femminile concreta, quella della sig.ra, aleggiava nella cabina, ma la mia mente andava dal cazzo di Carlo alla giovane fessa pelossissima di mia cugina Anna, che me la mostrava in cambio di copie di un giornalino, che allora andava molto.


Non capivo più niente e il cazzo cresceva , non ero a mio agio lo sentivo costretto avevo voglia di sentirmi nudo, libero.Avevo imparato a masturbarmi nudo dalla cintola in giù e a cosce completamente aperte. Con una mano mi carezzavo il pesce (cazzo) e con l’altra le palle.
Mi sbottonai i pantaloni e li calai, insieme alle mutande, fin giù alle caviglie e cominciai a masturbarmi liberamente alternando, come facevo sempre, carezze corte alla capocchia stretta nel palmo della mano a carezze lunghe e profonde che mi tiravano il prepuzio fino a farmi male.
“ Che pesce che tieni ( hai )” disse Carlo alla vista del mio cazzo ormai eretto e interruppe il suo racconto soffermandosi a guardarmi.
Lo guardai ed ebbi l’impressione di leggere nei suoi occhi lo stesso desiderio di cazzo che si era impadronito di me.Forse non ero il solo a sentire quella nuova attrazione.
In me era ormai tutto chiaro, avevo voglia di essere toccato e accarezzato ( come faceva mia cugina Anna, sempre in cambio dei giornalini), ma avevo, anche, voglia di avere e accarezzare il cazzo del ragazzo, sentirne il calore e la forza.
Questa consapevolezza non mi creava nessun turbamento la situazione mi aveva eccitato la mente e tutto mi sembrava normale e possibile, ma non era così.
Allora si viveva nel continuo culto della loro mascolinità, un culto solo ideologico perché in pratica non era facile avere rapporti sessuali con femmine.
Tutto si svolgeva tra di loro con masturbazioni in comune, durante le quali ognuno esaltava le qualità del suo cazzo soffermandosi sulla lunghezza o sulla durezza e faceva professione di fede nella pucchiacca.
Questo portava ad una profonda avversione per quelli che minimamente non professavano la loro fede nella pucchiacca, i ricchioni (omosessuali, pederasti).
Nella nostra immaginazione gli omosessuali amavano esclusivamente il cazzo.
La nostra ignoranza sulle sfumature della sessualità di una persona era totale.
Per noi i ricchioni erano quelli da cui farsi fare un pesce in mano o un bucchino in un cinema, ricavandone un orgasmo e un po’ di soldi, disprezzandolo fino ad arrivare, a volte, a picchiarlo.
Personalmente avevo avuto alcune esperienze del genere e avevo goduto nel farmi succhiare il cazzo.
Essere considerato un ricchione era una sciagura. L’omosessualità era bandita dalla società di allora e viveva una vita clandestina.



 In quella cabina la mia omosessualità si stava configurando e capivo il rischio a cui mi esponevo, ma qualcosa mi spingeva ad andare fino in fondo.Qualcosa mi diceva che anche Carlo aveva le mie stesse voglie.
Sapevo che dovevo essere il primo ad offrirsi perché Carlo non l’avrebbe mai fatto, anche se lo desiderava.Non era da maschio e lui era convinto di essere un vero maschio.
Smisi di masturbarmi e allungai la mano verso quella meravigliosa bestia corta e tosta, allontanai la mano di Carlo, e strinsi il cazzo tra le dita, tenendo la mano ferma per sentirne il calore nel palmo.
Carlo rimase interdetto per un attimo, sorpreso da questo mio gesto.
“Allora sei ricchione !” disse guardando la mia mano avvolgere il suo cazzo e masturbarlo.
Capii che non dovevo dargli il tempo di pensare, riflettere e prendere il sopravvento.
Non doveva crearsi una situazione in cui fossi io a soggiacere e presagli la mano la portai verso il mio cazzo.
Carlo fece un istintiva resistenza, ma fui fermo e allora lui prese il mio cazzo e lo strinse.
“Dai continua! Com’è la pucchiacca della signora ?” lo incalzai con finta indifferenza.
Dovevo assolutamente far passare la cosa come normale: eravamo due “maschioni” che si masturbavano al racconto di imprese erotiche, mentre dentro di me si era scatenata una tempesta.
Avevo “la bestiolina” nella mano e la stringevo e accarezzavo sentendone il calore e la durezza.
Ero affascinato, felice e turbato.
Iniziai con carezze più audaci passando il pollice sul buchino della capocchia e su prepuzio, lasciai per un attimo la presa per umettarmi con la saliva il dito e subito ripresi le carezze.
Carlo continuò il suo racconto, senza lasciare la presa al mio cazzo, parlando dei peli della signora, che però lui non aveva mai visto bene, ma solo sentito sotto la mano quando la signora si faceva infilare la mano nelle mutande.
Era andata! Stringevo “la bestia” nella mano e l’accarezzavo con avidità, sentivo il pulsare,la durezza e i fremiti quando gli sfioravo la capocchia scoperta.
La mia mano provava tutte le maniere di accarezzarlo e Carlo ancora interdetto faceva lo stesso con il mio pesce.
Il pelo della signora Letizia mi portò alla mente, per un attimo, il pelo di mia cugina Anna, un pelo castano, folto e lucido e il desiderio di chiavarla mi fece intostare ancora di più il cazzo, ma un altro pensiero scaccio quello della femmina:il pelo di Carlo, che si intravedeva .
Volevo averlo, volevo Carlo completamente.
Mi fermai e lo fermai.
Ormai ero io a condurre la situazione, Carlo si era aggrappato a me, alla mia sicurezza.
“Dai Carlo facciamoci un bel pesce in mano, tirati giù il costume, caccia (tira) fuori tutto il pesce.”
Il ragazzo senz’alzarsi si calò il pantaloncino da mare sino alle ginocchia.
Completamente a nudo il suo cazzo era ancora più bello e animale.
Corto e largo affondava le sue radici in una foltissima peluria riccia, nera, lucida e sovrastava due palle grosse e pelose.
Era identico al cazzo di un uomo che avevo visto nell’atto di infilare una pucchiacca, tempo addietro.
Si risedette accarezzandosi il pesce.
“Allora tu lo fai a me ed io a te ? “ chiese.
“Continua a raccontare” gli dissi e allungai nuovamente la mano verso l’oggetto del mio desiderio.
Gli passai, però prima, la mano sul ventre intrufolando le dita fra i peli ricci del cazzo.
Anche Carlo prese a carezzarmi, ripetendo i miei gesti.
Cominciammo così a masturbarci come due amanti, che cercano di dare all’altro il massimo del godimento.
Carlo continuava nel suo racconto, ma erano parole che si perdevano.Eravamo presi e l’orgasmo si avvicinava.
Sentivo arrivare il piacere e capivo che oltre alle carezze di cui ero oggetto era il possesso di quello splendido animale che mi stava portando all’orgasmo.
La capocchia di Carlo e la mia erano rosse e gonfie e i cazzi duri come legno.
Avevo in mano quella “bestiolina” e volevo che godesse, volevo vederlo eiaculare, volevo avere una contatto con il suo sperma.
“Vieni ! dai vieni !” sussurrai .
A quelle parole Carlo abbassò la testa verso il mio cazzo durissimo portando la sua bocca vicinissima al mio glande gonfio e rosso.
“Hai davvero un bel pesce “ disse “E’ lungo, diritto e grosso”
Poi apri la bocca ne ingoio la capocchia richiudendo le labbra.
Aveva frainteso le mie parole o aveva preso il coraggio a due mani?
Non capivo, ma era bellissimo sentire la lingua, incerta accarezzarmi il glande.
Volevo anch’io il cazzo in bocca ma non sapevo come arrivare alla “bestiolina”, Carlo era steso su mi me e mi impediva qualunque movimento.
Sentivo il calore della sua bocca avvolgermi era la stessa sensazione provata nella pucchiacca di mia cugina.
Ormai lo sperma stava per esplodere, allontanai la testa di Carlo, non volevo sfacciargli (eiaculare)in bocca, mi sembrava esagerato in quel momento Mi alzai per paura che gli schizzi di sperma mi sporcassero la camicia e mi tirai dietro Carlo tenendogli il cazzo stretto nella mano.
Carlo mi segui e impugnò nuovamente la mia verga.
Furono attimi durante i quali parole sconnesse uscirono dalla bocca di entrambi.
“La fessa si! La fessa !” andavamo invocando, ma la verità era che il mio cazzo faceva godere Carlo e il suo faceva godere me.


Sentivo che Carlo era arrivato in fondo, la sua “bestiolina” prese a pulsare ed io gli incollai gli occhi a dosso. Arrivò l’orgasmo potente e un primo getto volò contro la parete della cabina,seguito da un altro meno potente. Volevo quello sperma e l’istinto mi porto a mettere la mano davanti al cazzo sburroso e i getti successivi finirono nel mio palmo.
Avvolsi la capocchia della “bestiolina nella mia mano e ricevetti gli ultimi getti.Lo sperma era caldo e vischioso e mi aveva imbrattato tutta la mano.Iniziai di nuovo a masturbarlo e lo sperma rendeva tutto liscio e scivoloso, stavo per godere anche io.
Carlo aveva riservato al mio cazzo un trattamento più dolce e profondo e al primo getto indirizzo il mio cazzo verso terra e il mio sperma, copioso, macchio il pavimento.
Nonostante gli orgasmi copiosi e potenti, come a quella età succede, non lasciammo la presa sino a quando i due cazzi non si ammosciarono esausti.
Rimanemmo uno appoggiato all’altro, ognuno con la testa reclinata sulla spalla dell’altro.
Ci fu in quegli attimi un fatto che mi aiutò a capire ancora di più.
I nostri cazzi pendevano flosci tra le cosce, ma ancora lunghi e nel tirarci su si incontrarono.
Sentii il cazzo, umido di sperma, di Carlo accostarsi alla mia capocchia e ci toccammo.
Fu come una scossa elettrica, il sentire la capocchia umida di Carlo scivolare contro la mia mi diede i brividi.
Capii che non mi bastava di averlo masturbato volevo qualcosa di più carnale di più intimo.
Volevo a tutti i costi quel cazzo, volevo ancora maneggiarlo, accarezzarlo, averlo a disposizione per esplorare la mia sessualità.
Ci sedemmo esausti.